Ferrugineum: differenze tra le versioni
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Versione delle 21:55, 29 set 2012
Rododendro ferrugineo | ||||||||||||||||
Classificazione scientifica | ||||||||||||||||
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Nomenclatura binomiale | ||||||||||||||||
Rhododendron ferrugineum L. | ||||||||||||||||
Nomi comuni | ||||||||||||||||
Rododendro ferrugineo |
Rhododendron ferrugineum (L.)
Come si presenta
Il Rhododendron ferrugineum è un arbusto sempreverde dai rami legnosi e molto intricati, che può raggiungere anche il metro di altezza.
Le foglie ovoidali sono coriacee e glabre superiormente ma, se osservata da vicino, la pagina inferiore risulta squamosa e fittamente pigmentata di rosso ruggine. Tali pigmentazioni conferiscono globalmente alla pagina una colorazione uniforme. Le foglie sono lunghe dai 3 ai 5 cm e superiormente presentano una lucente colorazione verde scuro; si trovano raggruppate lungo i fusti in gruppi numerosi, disposte come a formare delle rosette.
I fiori, organizzati, come le foglie, in folti gruppi, nascono all'estremità di quasi tutti i rami; il loro colore brillante, rosa vivo nella maggior parte dei casi, bianco solo rarissime volte, li rende facilmente riconoscibili. La corolla assomiglia a una piccola campanula strozzata in basso: i cinque petali, infatti, sono saldati alla base, circa fino a metà della loro lunghezza; solo nella parte sommitale i vari elementi si separano, e la corolla si "apre", rendendo visibili, a un osservatore curioso, gli organi riproduttivi nascosti all'interno. Tuttavia solo le antere, protese verso l'alto, si riescono ad osservare con facilità. Talvolta, la parte esterna del fiore risulta coperta da una serie di minutissime macchie giallo-arancio.
A impollinazione avvenuta il fiore viene sostituito da un frutto capsulare pentalobato, che racchiude numerosississimi semi dalle dimensioni assai ridotte. Questi, una volta raggiunto il suolo, germinano dopo molti anni; quando questo avviene, tuttavia, sono poi necessari altrettanti anni prima che la nuova pianticella sia pronta a sua volta a fiorire e produrre nuovi semi. Un ciclo riproduttivo così lungo spiega la ridotta diffusione del Rhododendron ferrugineum, nonostante non sia raro poterne apprezzare vaste distese, soprattutto in alta montagna.
Habitat
Il Rhododendron ferrugineum può arrivare anche oltre i 2000 m, anche se non è raro scovarlo anche a quote inferiori (fino ai 1000m): grazie al suo portamento prostrato, infatti, questa pianta è in grado di resistere alle condizioni proibitive che si ritrovano nel periodo invernale alle alte quote semplicemente "rifugiandosi" sotto la spessa coperta nevosa.
Predilige suoli a pH acido o, al più, neutro e un buon approvvigionamento di acqua.
Fioritura
Da Giugno fino ad Agosto, a seconda della altitudine in cui si trova.
Particolarità e curiosità
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Il genere Rhododendron, che comprende anche il noto sottogenere delle Azalee, che di soventemente abbelliscono i nostri giardini grazie ai colori brillanti e appariscenti dei fiori, raggruppa un gran numero di specie, localizzate soprattutto nei paesi asiatici. In Italia le principali specie rappresentative, e spontanee, sono, per l'appunto, il R. ferrugineum e il simile R. hirsutum che differisce dal primo principalmente per via delle sue foglie. Esse, infatti, non presentano la caratteristica pigmentazione nella pagina inferiore e sono interamente ricoperte da una folta peluria; in più il R. hirsutum predilige terreni calcarei.
Il nome Rhododendron deriva dalle parole greche "rhodon", rosa, e "dendron", albero, non stupisce dunque che gli venga attribuito comunemente anche il nome di "Rosa delle alpi".
La pianta e caratterizzata dal possedere un fungo parassita, dal nome scientifico, decisamente appropriato, di Exobasidium rhododendri. Esso determina sulla pianta la presenza di grosse galle giallognole dal diametro di anche 1 cm. A partire da quest'ultime, se raccolte e lasciate macerare per molto tempo in olio, si può ottenere un famoso unguento: il cosiddetto "olio di marmotta", dalle caratteristiche proprietà antireumatiche.
Per ciò che concerne la pianta essa è, allo stato fresco, abbastanza velenosa, per via della presenza, al suo interno, di tannini e altre sostanze nocive, come l'andromedotossina. Per questo motivo, e non solo, non gode di buona reputazione da parte degli alpigiani (gli animali da pascolo, infatti, tendono a nutrirsene in mancanza di altro rimanendone intossicati) che, per di più, ritengono che a causa delle sue esigenze abbastanza importanti essa impoverisca il suolo prevenendo la crescita di piante assai più utili. La risposta fisiologica che segue all'ingestione di importarti quantità di parti appartenenti al rododendro sono: nausea, vomito, diarrea, dolori addominali, turbe neurologiche e, al limite, collasso cardiocircolatorio. Secca perde buona parte delle sue proprietà tossiche e può essere prudentemente utilizzata per la sintesi di medicinali (ricordando sempre che, come narra il famoso proverbio, "è la dose a fare il veleno"). Le foglie secche presentano le stesse proprietà che caratterizzano anche le galle di Exobasidium. Le api, ghiotte del suo abbondante nettare producono un miele che, in dosi abbondanti, può risultare anch'esso lievemente tossico (molto meno della pianta in se' poiché, dato le api utilizzano il nettare di molti fiori per produrre il loro dolce liquido, le proprietà tossiche vengono attenuate). Nonostante questo ci narra Plinio il Vecchio (Gaio Plinio II, "Naturalis Historia") che, anticamente, i soldati appartenenti ad una legione dell'esercito romano, durante un campagna in Asia (nella quale, come abbiamo già accennato, sono presenti numerose specie rappresentative del genere Rhododendron) rimasero intossicati a causa della eccessiva assunzione di miele a base di rododendro.
Esisistono rare produzioni di miele puro di Rododendro, molto difficile da ottenere poiché a quelle altitudini le api stentano a sopravvivere (la produzione viene di fatti basata sulla così detta "apicoltura nomade").
Sul rododendro vi erano un tempo anche diffuse parecchie credenze: si pensava ad esempio che attirasse tuoni e fulmini e per cui in tedesco veniva anche identificato come "Donnerblume" o "fior di tuono". Anche l'utilizzo come legna da ardere veniva scoraggiato poiché si pensava che facesse bruciare qualsiasi cosa si cucinasse col fuoco da esso prodotto.
Il suo legno veniva altresì utilizzato per produrre scope, mobili, bastoni
Immagini
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