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Così come le altre specie di ''Sempervivum'', anche questa è facilmente riconoscibile per via delle caratteristiche rosette che forma nei luoghi più impensati (negli anfratti dei sassi e addirittura sopra i tetti: donde il termine ''tectorum''). Le '''foglie''' che compongono le rosette sono glabre, di forma ovata ma appuntite all'apice; se provassimo a osservare con una lente di ingrandimento i loro bordi, li troveremo ricoperti da una serie di piccole ciglia. | |||
Durante il periodo della fioritura, le foglie al centro della rosetta iniziano a svilupparsi "verso l'alto", fino ad arrivare a formare un vero e proprio [[Strutture vegetali#F|'''fusto''']], che può raggiungere anche il mezzo metro di altezza. In realtà si tratta di un fusto un po' particolare, visto che è formato essenzialmente da foglie (che chiameremo ''cauline'', cioè "che stanno sul caule, sul fusto"), disposte ordinatamente l'una alternata all'altra; queste appaiono più piccole rispetto alle basali, più sottili e più appuntite. | |||
Le foglie, sia quelle caulinari che quelle basali, hanno il tipico aspetto "succulento", "grasso": ciò è dovuto alla presenza di grandi quantitativi di acqua all'interno dei loro tessuti (in termini tecnici, è legato alla presenza del ''parenchima acquifero''), stratagemma messo in atto dall'evoluzione per garantire la sopravvivenza della specie nell'ambiente arido in cui caratteristicamente vive. | |||
Sulla sommità del fusto compaiono poi i '''fiori'''. In genere sono raccolti in infiorescenze, anche piuttosto numerose (in alcuni casi si possono contare fino a quaranta elementi!), e si riconoscono immediatamente per il loro colore rosa, delicato. I [[Strutture vegetali#B|boccioli]] sono delle piccole sfere, avvolte dai [[Strutture vegetali#S|sepali]] appuntiti del [[Strutture vegetali#C|calice]] purpureo. Con il passare dei giorni, il fiore sboccia, mostrando dei [[Strutture vegetali#P|petali]] stretti, appuntiti all'apice, solcati da una striscia più scura all'esterno; l'aspetto del fiore ricorda molto quello del [[arachnoideum|''Sempervivum arachnoideum'']], ma un osservatore attento si renderà subito conto che quest'ultimo mostra colori più brillanti e petali meno affusolati rispetto al ''tectorum''. Al centro della [[Strutture vegetali#C|corolla]] sono sistemati ordinatamente, in due centri concentrici, le strutture riproduttive: all'interno il ginoceo, la parte femminile, gli [[Strutture vegetali#S|stili]] purpurei; all'esterno l'[[Strutture vegetali#A|androceo]], facilmente riconoscibile per via delle appariscenti [[Strutture vegetali#A|antere]] gialle sorrette dai [[Strutture vegetali#F|filamenti]] porpora. | |||
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Se non per la germinazione dei semi, sicuramente il succo del ''Semprevivum tectorum'' risulta un toccasana come rimedio [[Fitofarmaceutica#A|astringente]] per pelle e occhi: già Galeno se n'era accorto, e gli erboristi dei secoli successivi non fecero altro se non confermare questa brillante osservazione. Vennero preparati anche miscugli per calmare febbri intermittenti bollendo le foglie nel latte, e unguenti per scottature ed eritemi solari con le foglie del semprevivo mescolate a miele e crema di latte. | |||
Un'ultima curiosità: l'epiteto ''Sempervivum'' è stato attribuito a questo genere di ''Crassulaceae'' per un motivo decisamente curioso. Sicuramente una prima giustificazione è da ricercarsi alle condizioni proibitive in cui tutti i ''Sempervivum'' sono costretti a vivere: e cioè in ambienti aridi, soggetti ad escursioni termiche pazzesche, su substrati praticamente privi di materia organica da cui trarre nutrimento (in altre parole, direttamente sulle rocce); ma c'è dell'altro. Sembra infatti che i botanici che decisero di creare i primi erbari si misero a ''schiacciare'' le rosette dei ''Sempervivum'', ponendole sotto pesanti presse: questo era l'unico modo per riuscire a sistemare queste strane pianticelle tra le pagine del volume. Nonostante questo, inspiegabilmente, le rosette seguitavano a vivere imperterrite per qualche tempo. Di conseguenza, per poter conservare in buone condizioni i campioni (prerogativa necessaria per poter condurre ''successivamente'' studi su queste specie), fu necessario sbollentare le foglie e passarle attraverso vapori di zolfo per far loro perdere tutta la loro vitalità: insomma, fu necessario utilizzare metodiche decisamente drastiche. ''Sempervivum'' perchè, in tutto e per tutto, questo genere tenta in tutti i modi possibili di rimanere attaccato alla Vita. | |||
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Versione attuale delle 11:31, 24 feb 2013
Semprevivo dei tetti
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Classificazione scientifica | ||||||||||||
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Nomenclatura binomiale | ||||||||||||
Sempervivum tectorum L. | ||||||||||||
Nomi comuni | ||||||||||||
barba di Giove, guardacasa |
Sempervivum Tectorum (L.)
Come si presenta
Il Sempervivum tectorum è una pianta perenne, succulenta e stolonifera.
Così come le altre specie di Sempervivum, anche questa è facilmente riconoscibile per via delle caratteristiche rosette che forma nei luoghi più impensati (negli anfratti dei sassi e addirittura sopra i tetti: donde il termine tectorum). Le foglie che compongono le rosette sono glabre, di forma ovata ma appuntite all'apice; se provassimo a osservare con una lente di ingrandimento i loro bordi, li troveremo ricoperti da una serie di piccole ciglia.
Durante il periodo della fioritura, le foglie al centro della rosetta iniziano a svilupparsi "verso l'alto", fino ad arrivare a formare un vero e proprio fusto, che può raggiungere anche il mezzo metro di altezza. In realtà si tratta di un fusto un po' particolare, visto che è formato essenzialmente da foglie (che chiameremo cauline, cioè "che stanno sul caule, sul fusto"), disposte ordinatamente l'una alternata all'altra; queste appaiono più piccole rispetto alle basali, più sottili e più appuntite. Le foglie, sia quelle caulinari che quelle basali, hanno il tipico aspetto "succulento", "grasso": ciò è dovuto alla presenza di grandi quantitativi di acqua all'interno dei loro tessuti (in termini tecnici, è legato alla presenza del parenchima acquifero), stratagemma messo in atto dall'evoluzione per garantire la sopravvivenza della specie nell'ambiente arido in cui caratteristicamente vive.
Sulla sommità del fusto compaiono poi i fiori. In genere sono raccolti in infiorescenze, anche piuttosto numerose (in alcuni casi si possono contare fino a quaranta elementi!), e si riconoscono immediatamente per il loro colore rosa, delicato. I boccioli sono delle piccole sfere, avvolte dai sepali appuntiti del calice purpureo. Con il passare dei giorni, il fiore sboccia, mostrando dei petali stretti, appuntiti all'apice, solcati da una striscia più scura all'esterno; l'aspetto del fiore ricorda molto quello del Sempervivum arachnoideum, ma un osservatore attento si renderà subito conto che quest'ultimo mostra colori più brillanti e petali meno affusolati rispetto al tectorum. Al centro della corolla sono sistemati ordinatamente, in due centri concentrici, le strutture riproduttive: all'interno il ginoceo, la parte femminile, gli stili purpurei; all'esterno l'androceo, facilmente riconoscibile per via delle appariscenti antere gialle sorrette dai filamenti porpora.
Habitat
A partire dal livello del mare, fino a 2800 metri sovra esso, il Sempervivum tectorum trova il suo alloggio ideale tra luoghi rocciosi, rupi, aridi pendii e muri soleggiati.
Fioritura
Da Giugno ad Agosto.
Particolarità e curiosità
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Il nome della specie, tectorum, è un termine che ha origini latine e significa, per l'appunto, "dei tetti": era infatti questo il luogo in cui veniva fatta crescere la pianta nel passato (e in cui tutt'ora cresce, anche senza il preciso intento umano). Secondo credenze popolari questo avrebbe garantito all'abitazione una sicura protezione dai fulmini e dai tuoni: non a caso le popolazioni antiche dedicarono questa curiosa pianticella a Thor, il dio del tuono; sembra assurdo, ma questa credenza era così radicata in passato che addirittura Carlo Magno, in uno dei suoi Capitolari, consigliava vivamente ai suoi sudditi di piantare il Sempervivum tectorum tra le tegole dei loro tetti. Plinio ci racconta inoltre che gli agricoltori romani avevano la curiosa abitudine di immergere i semi di frumento, poco prima della semina, nel succo estratto dalle foglie dell' "Aizoum", del Sempervivum tectorum: questa pratica avrebbe aumentato la germinabilità, oltre a garantire una maggiore protezione nei confronti dei parassiti e delle muffe. Plinio non ci dice però se questa pratica desse effettivamente dei risultati.
Se non per la germinazione dei semi, sicuramente il succo del Semprevivum tectorum risulta un toccasana come rimedio astringente per pelle e occhi: già Galeno se n'era accorto, e gli erboristi dei secoli successivi non fecero altro se non confermare questa brillante osservazione. Vennero preparati anche miscugli per calmare febbri intermittenti bollendo le foglie nel latte, e unguenti per scottature ed eritemi solari con le foglie del semprevivo mescolate a miele e crema di latte.
Un'ultima curiosità: l'epiteto Sempervivum è stato attribuito a questo genere di Crassulaceae per un motivo decisamente curioso. Sicuramente una prima giustificazione è da ricercarsi alle condizioni proibitive in cui tutti i Sempervivum sono costretti a vivere: e cioè in ambienti aridi, soggetti ad escursioni termiche pazzesche, su substrati praticamente privi di materia organica da cui trarre nutrimento (in altre parole, direttamente sulle rocce); ma c'è dell'altro. Sembra infatti che i botanici che decisero di creare i primi erbari si misero a schiacciare le rosette dei Sempervivum, ponendole sotto pesanti presse: questo era l'unico modo per riuscire a sistemare queste strane pianticelle tra le pagine del volume. Nonostante questo, inspiegabilmente, le rosette seguitavano a vivere imperterrite per qualche tempo. Di conseguenza, per poter conservare in buone condizioni i campioni (prerogativa necessaria per poter condurre successivamente studi su queste specie), fu necessario sbollentare le foglie e passarle attraverso vapori di zolfo per far loro perdere tutta la loro vitalità: insomma, fu necessario utilizzare metodiche decisamente drastiche. Sempervivum perchè, in tutto e per tutto, questo genere tenta in tutti i modi possibili di rimanere attaccato alla Vita.
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Per approfondire vi consigliamo di leggere la nostra Bibliografia
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