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===Un Po' di Storia=== | |||
Agli inizi degli anni '80, con un contributo del Ministero per l'Agricoltura e le Foreste- Direzione generale Economia montana, cominciavano i lavori territoriali di un singolare giardino montano. [[Immagine:Cippo.jpg|thumb|left|200px|Cippo di ingresso al giardino]]La singolarità stava nel fatto che 60 volontari della Cittadella affiancarono l'impresa edile incaricata di realizzare sugli stessi impervi sentieri esistenti muretti, scalinatelle e quant'altro progettato per una viabilità interna accessibile a tutti, visitatori e fanciulli dalle scuole elementari alle Superiori. Si voleva un giardino della flora delle prealpi meridionali Lombarde, un Centro Studi Botanici con annessa serra sperimentale, laboratorio pedologico (per lo studio delle qualità fisico chimiche dei suoli), una gimnoteca (destinata alla raccolta di semi), un erbario. Inoltre, volendo evitare di ricorrere all'acqua clorurata dell'acquedotto comunale, nasceva allora il meditato progetto di captare l'acqua piovana, che dal tetto dell'osservatorio doveva essere raccolta in "Cisterne d'altura" con sottofondo di carboni attivi. L'acqua sarebbe stata utilizzata in caso di periodi prolungati di siccità e in ragione delle irregolarità climatiche sempre più evidenti. Eravamo tutti entusiasti.[[Immagine:prof_zamb.png|thumb|right|200px|Prof. Furia con la signora Zambeletti sui prati di vetta]] Il Comune e la Provincia di Varese ci aiutarono in mille modi, ma per un opera così ardua occorrevano una direzione scientifica e una presidenza. Tra l'altro esauriti i 50 milioni concessi dal ministero, dopo tre anni di lavori ci ritrovammo soli, senza un'impresa e senza fondi. Ci venne incontro un insperato incoraggiamento, quello del Professor Ruggero Tomaselli, già presidente della Società Botanica Mondiale e direttore dell'Istituto di Botanica dell'Università di Pavia. Tomaselli fu entusiasta della nostra "filosofia": recuperare la flora endemica delle rocce calcaree, restituire alla montagna la sua flora naturale, far tornare nei prati di vetta il "Narciso dei poeti" sterminato dalle narcisate, raggiungere almeno i 500 taxa (specie) tra la flora dell'orizzonte submontano, sperimentare la formazione di un arboreo e alcuni settori di acclimatazione della flora di orizzonti superiori compatibili. Speravamo tra l'altro nell'avvento del parco del Campo di Fiori e in un congruo contributo regionale. Purtroppo una grave sciagura stradale privò l'università di Pavia di tutto il suo staff di Botanici, e con loro il Professor Tomaselli. | |||
Agli inizi degli anni '80, con un contributo del Ministero per l'Agricoltura e le Foreste- Direzione generale Economia montana, cominciavano i lavori territoriali di un singolare giardino montano. La singolarità stava nel fatto che 60 volontari della Cittadella affiancarono l'impresa edile incaricata di realizzare sugli stessi impervi sentieri esistenti muretti, scalinatelle e quant'altro progettato per una viabilità interna accessibile a tutti, visitatori e fanciulli dalle scuole elementari alle Superiori. Si voleva un giardino della flora delle | |||
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Il Parco fu istituito con la legge regionale 19 febbraio 1984 numero 17. La presidenza del Giardino fu conferita all'unanimità a Professor Luigi Gerola, direttore dell' | Il Parco fu istituito con la legge regionale 19 febbraio 1984 numero 17. La presidenza del Giardino fu conferita all'unanimità a Professor Luigi Gerola, direttore dell'Istituto di Botanica dell'Università degli studi di Milano e la direzione scientifica venne affidata al Professor Carlo Andreis. | ||
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Tornammo con nuova lena al duro lavoro: organizzare le strutture, raccogliere le sementi, crescere le piantine, trapiantare e analizzare terreni al banco del Centro | [[Immagine:vetta.png|thumb|left|200px|Vetta prima della costruzione dell'osservatorio]]Tornammo con nuova lena al duro lavoro: organizzare le strutture, raccogliere le sementi, crescere le piantine, trapiantare e analizzare terreni al banco del Centro Studi Botanici, si avviò una collaborazione con l’Istituto di Entomologia Agraria dell’Università di Pavia per l’installazione di 1000 covatoi in Provincia di Varese per l’incremento dell’avifauna insettivora (programma europeo di lotta biologica agli insetti nocivi all’agricoltura), fu avviato lo studio dell'inquinamento atmosferico e delle piogge acide... (per il seguito di questa avventura rimandiamo al volume che vedrà la luce in occasione del 50° della fondazione della Cittadella). | ||
l’incremento dell’avifauna insettivora (programma europeo di lotta biologica agli insetti nocivi all’agricoltura), | |||
fu avviato lo studio dell'inquinamento atmosferico e delle piogge acide... (per il seguito di questa avventura rimandiamo al volume che vedrà la luce in occasione del 50° della fondazione della Cittadella). | |||
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Il contributo che qui pubblichiamo è dedicato agli scienziati e ai nostri collaboratori, in prevalenza laureati in scienze naturali e altre discipline che hanno profuso disinteressatamente il loro impegno e la loro capacità, effettuando ricerche, sperimentazioni, lavori in piena terra, analisi pedologiche e quant'altro oggi, con umiltà e amore, presentiamo nelle pagine che seguono. | Il contributo che qui pubblichiamo è dedicato agli scienziati e ai nostri collaboratori, in prevalenza laureati in scienze naturali e altre discipline che hanno profuso disinteressatamente il loro impegno e la loro capacità, effettuando ricerche, sperimentazioni, lavori in piena terra, analisi pedologiche e quant'altro oggi, con umiltà e amore, presentiamo nelle pagine che seguono. | ||
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Il Campo dei Fiori, quindi, si trova in una posizione geografica particolarmente favorevole, poiché è parte di quel lungo contrafforte calcareo, le Prealpi meridionali lombarde, che fa corona alla Pianura padana e alla vasta zona policentrica milanese. Inoltre si trova al centro di una fitta rete stradale che unisce le città del Basso Varesotto e del centro metropolitano con la Svizzera e con il Nord-Ovest e il Nord-Est alpino. | Il Campo dei Fiori, quindi, si trova in una posizione geografica particolarmente favorevole, poiché è parte di quel lungo contrafforte calcareo, le Prealpi meridionali lombarde, che fa corona alla Pianura padana e alla vasta zona policentrica milanese. Inoltre si trova al centro di una fitta rete stradale che unisce le città del Basso Varesotto e del centro metropolitano con la Svizzera e con il Nord-Ovest e il Nord-Est alpino. | ||
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Versione attuale delle 20:46, 19 set 2015
Giardino Montano | La serra fredda |
Un Po' di StoriaAgli inizi degli anni '80, con un contributo del Ministero per l'Agricoltura e le Foreste- Direzione generale Economia montana, cominciavano i lavori territoriali di un singolare giardino montano. La singolarità stava nel fatto che 60 volontari della Cittadella affiancarono l'impresa edile incaricata di realizzare sugli stessi impervi sentieri esistenti muretti, scalinatelle e quant'altro progettato per una viabilità interna accessibile a tutti, visitatori e fanciulli dalle scuole elementari alle Superiori. Si voleva un giardino della flora delle prealpi meridionali Lombarde, un Centro Studi Botanici con annessa serra sperimentale, laboratorio pedologico (per lo studio delle qualità fisico chimiche dei suoli), una gimnoteca (destinata alla raccolta di semi), un erbario. Inoltre, volendo evitare di ricorrere all'acqua clorurata dell'acquedotto comunale, nasceva allora il meditato progetto di captare l'acqua piovana, che dal tetto dell'osservatorio doveva essere raccolta in "Cisterne d'altura" con sottofondo di carboni attivi. L'acqua sarebbe stata utilizzata in caso di periodi prolungati di siccità e in ragione delle irregolarità climatiche sempre più evidenti. Eravamo tutti entusiasti. Il Comune e la Provincia di Varese ci aiutarono in mille modi, ma per un opera così ardua occorrevano una direzione scientifica e una presidenza. Tra l'altro esauriti i 50 milioni concessi dal ministero, dopo tre anni di lavori ci ritrovammo soli, senza un'impresa e senza fondi. Ci venne incontro un insperato incoraggiamento, quello del Professor Ruggero Tomaselli, già presidente della Società Botanica Mondiale e direttore dell'Istituto di Botanica dell'Università di Pavia. Tomaselli fu entusiasta della nostra "filosofia": recuperare la flora endemica delle rocce calcaree, restituire alla montagna la sua flora naturale, far tornare nei prati di vetta il "Narciso dei poeti" sterminato dalle narcisate, raggiungere almeno i 500 taxa (specie) tra la flora dell'orizzonte submontano, sperimentare la formazione di un arboreo e alcuni settori di acclimatazione della flora di orizzonti superiori compatibili. Speravamo tra l'altro nell'avvento del parco del Campo di Fiori e in un congruo contributo regionale. Purtroppo una grave sciagura stradale privò l'università di Pavia di tutto il suo staff di Botanici, e con loro il Professor Tomaselli.
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